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Appendice semicomica per neopatentati palermitani


Se impari a guidare a Palermo puoi guidare dappertutto”, mai luogo comune fu più appropriato alla nostra cara All Harbour (per chi non lo sapesse Palermo, dal greco, significa “tutto porto”).
È una riflessione che la mia mente ha partorito qualche giorno fa mentre mi trovavo ai Quattro Canti e un’orda di Tedeschi, invece di immortalare le belle Sante Vergini scolpite nei palazzi dell’ottangolo tra via Maqueda e Corso Vittorio Emanuele, indovinate un po’ cosa fotografava?
Il Traffico.
Come le scimmie curiose in 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick (ndr: per alcuni palermitani non c’è differenza con Rubik, quello del cubo. Da qui il cubo di Kubrick o il film di Rubik), i Germanici sotto shock si stupivano della quantità innumerevole di veicoli e della nonchalance con la quale l’autista medio manda a quel paese il vigile urbano di turno, quasi stessero scrutando una civiltà aliena.
Hanz guarta tu quante macchine ezzerci qva zembrare fuga da terremoten!“. E vai di foto. Click, click!
Ingrid ,in Berlinen vigile urbanen spara a autisten, qui autisten dire parole stranen a vigilen” che michien vuoi”  Chissà cosa vuole diren…? Cerco in dizionarien...”
Ad ogni modo, in quanto cittadina palermitana, mi cospargo il capo di cenere e faccio un mea culpaperché una cosa bisogna ammetterla: l’origine del traffico made in Palermo non è soltanto l’inciviltà di una buona percentuale di automobilisti, ma l’istinto suicida di un preoccupante numero di pedoni. Sono convinta che il 70% dei rallentamenti sia generato da persone che per un motivo o per un altro, forse mosse da intenti anticonservativi tentano attraversamenti molto azzardati al limite dell’acrobazia da circo.
Ragion per cui le autoscuole palermitane dovrebbero munirsi di un  appendice, un libriccino speciale formato mignon da aggiungere e distribuire insieme ai normali manuali per le patenti dove vengono precisate  alcune regole fondamentali.
Regola numero 1: la leva posta alla sinistra del volante serve ad azionare le cosiddette frecce. Emettono anche un suono allegro e gioioso per comunicare la loro esistenza  “tic tac tic tac” e segnalare con un led luminoso la direzione che il conducente avrebbe intenzione di  imboccare.
Sì, perché bisognerebbe comunicare a taluni che le frecce non sono solo le armi oblunghe usate dagli Apache e da Toro Seduto per la caccia ai colonizzatori, ma anche dei comodi strumenti di segnalazione che evitano al poveraccio che ti precede di finirti addosso e rifarti la fiancata.
Per questo motivo, mi sono ripromessa che un giorno di questi mi munirò di freccette, di quelle con la ventosa in punta, quelle dei bambini, e ogni qualvolta un guidatore si dimentichi di azionare la levetta per le frecce: trac! gliela lancio dentro la macchina attraverso il finestrino, con  abbanniata inclusa (trad. di abbaniare: intr. e trans..itivo – meglio specificare- voce del verbo urlare forte rivendicando un diritto o una ragione offendendo l‘intero albero genealogico del destinatario) o con un bigliettino con su scritto: “Le frecce non le usavano solo gli indiani, te ccà (trad. dal siculo te ccà: eufemismo iperbolico di “tieni qua”)
Per questo sarebbe molto utile, insieme alle consuete lezioni in autoscuola, un corso supplementare per sensitivi, cosicché chi sta dietro può prevedere quale mossa farà il conducente avanti a te, evitando spiacevoli incidenti.
Regola numero 2:  le strisce pedonali e i semafori non sono elementi decorativi della città posti in maniera casuale. Entrambi e molto spesso di concerto servono ad evitare di asfaltare i pedoni.
Regola numero 3: il semaforo quando scatta il giallo non  significa “accelera per non perdere il verde”, ma bensì rallenta che è possibile che dall’altra parte ci sia uno stronzo come te che decide di passare nello stesso momento falciandoti come in final destination.
Regola numero 4: La scritta STOP sull’asfalto vuol dire “fermati“. Non è un graffito metropolitano. Ciò significa che prima di accelerare in quel punto devi come minimo tirare il freno  a mano, scendere dalla macchina per guardare a destra e a sinistra compiendo movimenti rotatori a 360° della testa, assicurarti che non ci sia nessuno e poi ritornare in macchina e POI ripartire (possibilmente ricordandosi di togliere il freno a mano). Il gioco “a cu pigghiu pigghiu” (lett. a chi prendo prendo, for non palermitan students) è molto pericoloso oltre che sconsigliato.
Regola numero 5: La prepotenza non è un diritto. La precedenza si concede e si prende con cautela, non si conquista.
Regola numero 6: alla guida c’è anche gente per bene: non sono tutte zoccole e cornuti. Fare il gesto delle corna con le mani per indicare a chi ti ha appena superato che sta facendo qualcosa di scorretto,non è scritto in nessun codice della strada.
Regola numero 7: se ci sono installati tre specchietti retrovisori nella vettura vuol dire che a qualcosa servono e non solo a controllare se il tizio della macchina dietro ti sta facendo le corna o si sta scaccolando.
Regola numero 8:  Non esiste un gioco che si chiama “scansa lo scooter”.  Chi guida un ciclomotore non vanta diritti che derogano al codice della strada, ragion per cui cari ciclomuniti non lamentatevi se finite  piallati tra l’angolo del marciapiede e la svolta continua.
Regola numero 9: giocare il superenalotto  o scommettere alla Snai non sono buoni motivi per lasciare la macchina in terza fila e bloccare anche il traffico marittimo.
Regola numero 10: il clacson non è uno strumento musicale da usare come passatempo per ingorghi, ma è un segnalatore acustico che deve essere utilizzato con parsimonia solo quando è  “i n d i s p e n s a b i l e”. L’autista palermitano, diciamocelo pure, soffre della sindrome da clacson facile. È più forte di lui. L’acme della sindrome si manifesta quando le macchine sono un composit degno di un campione di Tetris e  il conducente  preme compulsivamente  il congegno infernale. Ma io mi chiedo sempre… Che cavolo ci suoni? Con sto Meee Meee, che ti stai asportando il cervelletto, non lo vedi che siamo tutti bloccati genio!?”
E di lì si invita il musicista fallito a far tutto con le sue mani, fuorché perseverare nel suo assolo di clacson.
Regola numero 10b: il clacson non serve a salutare le persone (ma è più un usanza tipica della provincia).
Proprio un bel giorno di primavera verso l’ora di pranzo in pieno giorno, mentre mi aggiravo al mio paesello delle vacanze con la mia inseparabile Uno bianca da assassino, sbucando da una strada laterale, scorgo a parecchia distanza una Golf giallo crema che si avvicina non troppo lentamente verso l’incrocio che avrei voluto tanto attraversare incolume.
Avendo io fatto da autodidatta il corso per sensitivi, avevo premonito che il tizio alla guida fosse un po’allallato (lett. impedito, stordito, disattento), ragion per cui cominciai a dare dei colpetti incerti al clacson per accertarmi che lo Schumacher di turno mi avesse quantomeno intravista, come a dire “OU (trad. ehy tu) mi hai visto? “Ma niente da fare, mi accorgo che il tizio continua ad acelerare. Io sono praticamente al centro dell’incrocio. Presa dal panico comincio a darci giù forte, MEEE, meeee, sul clacson, così forte che credo che in quel momento i radiotelescopi di Arecibo (Cile) abbiano captato e intepretato il suono  come una forma di comunicazione di qualche civiltà extraterreste. Ma nulla. Il tizio continua dritto. “Ou, ouuuuuuuu”. SBAM.
Il genio mi finisce addosso senza pietà facendomi fare una piroetta in prossimità di uno sbalanco.
E tutto perché? Perché credeva che lo stessi salutando. Mi sono vista tutta la scena dall’abitacolo e oggi me la ricordo con effetto rallenty.  Shumacher che si avvicina e con sorriso plastico a 5 centimetri dalla mia auto con una manina suona il clacson e con l’altra mi saluta, divenendo con la sua auto giallo crema, parte integrante della mia carrozzeria.
Detto questo, vorrei congedarmi facendo un appello al Sindaco e  all'assessore al traffico:
“Signor Sindaco la smette di approvare le delibere del Suo assessore  per il montaggio di quei deliziosi spartitraffico gialli con paletti semoventi che oltre ad essere un dispendio di soldi, non sono graditi agli automobilisti palermitani? Altrimenti saremmo costretti ad inserire una regola numero 11: gli spartitraffico servono a distinguere la corsia preferenziale e non sono birilli da abbattere per  giocare a bowling con le macchine. Distinti saluti”

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